l comportamento dei fotoni in un esperimento classico come quello della doppia fenditura può essere descritto in modo soddisfacente nell'ambito della meccanica bohmiana - introdotta dal fisico e filosofo statunitense David Bohm per dare un'interpretazione realistica dei processi descritti dalla meccanica quantistica - tenendo conto del fenomeno dell'entanglement, la correlazione a distanza tra particelle prevista dalle stesse leggi della meccanica quantistica. Lo dimostra un esperimento effettuato da Aephraim Steinberg dell'Università di Toronto, in Canada, e colleghi canadesi e australiani, che firmano un articolo su "Science Advances".
Il risultato dello studio contribuisce a chiarire l'annosa questione del "realismo" nella meccanica quantistica. Uno dei principi di base di questa teoria, il principio d'indeterminazione di Heisenberg, afferma che, a differenza di quanto avviene nella meccanica classica, non è possibile conoscere la posizione e la velocità di una particella con precisione arbitraria: la precisione sulla misurazione della posizione va a discapito della precisione sulla misurazione della velocità, e viceversa.
Inoltre, quando si effettua una misurazione occorre tenere conto che nell'interazione fisica con gli strumenti, un sistema microscopico è in qualche misura alterato: questo significa che non si può prescindere dalla presenza dell'osservatore, che è parte integrante del sistema. Infine, la descrizione della dinamica di una particella è intrinsecamente probabilistica: non è possibile descrivere la posizione di una particella, per esempio, se non facendo riferimento alla probabilità che si trovi in un punto, legato a un costrutto matematico associato alla particella stessa chiamato funzione d'onda.
L'interpretazione
Louis de Broglie e David Bohm, si recupera in qualche modo una visione deterministica della realtà fisica, anche se in un senso molto diverso rispetto alla fisica classica. Il formalismo quantistico viene reinterpretato in modo da attribuire alle particelle traiettorie ben definite, lungo le quali i fotoni sono guidati da un'"onda pilota" che li accompagna. Tutta la natura probabilistica dei risultati delle misurazioni è attribuita all'ignoranza circa la configurazione iniziale della particella nel corso dell'esperimento, descritta dalla funzione d'onda preparata dallo sperimentatore.
Una conseguenza di questa interpretazione è che la traiettoria di una singola "particella bohmiana" non può essere osservata in un esperimento: ogni misurazione della sua posizione cambia la funzione d'onda non solo della particella, ma anche quella di una ipotetica funzione d'onda globale che descrive l'interazione della particella d'interesse con lo strumento di misura.
L'intuizione di alcuni fisici negli ultimi anni è che se la traiettoria dei una singola particella non può essere osservata, il problema può essere aggirato con un sistema di molte particelle, effettuando una "misurazione debole" sulla velocità della particella in una dato istante. In un esperimento così congegnato, la "debolezza" della misurazione assicura che il sistema non venga disturbato in modo apprezzabile, permettendo una successiva misurazione della posizione. Ripetendo l'esperimento molte volte, si riesce a calcolare il valore medio della velocità in funzione della posizione. Ripetendo l'intero processo in diversi momenti, si può infine ricostruire un insieme di traiettorie medie che, come dimostrato in uno studio del 2007, corrispondono alle traiettorie previste dall'interpretazione bohmiana.
C'è però un apparato sperimentale in cui l'interpretazione bohmiana sembra entrare in crisi, ed è la versione moderna del classico esperimento di Young, in cui un fascio di luce, una volta fatto passare attraverso un doppia fenditura, forma una figura d'interferenza su uno schermo. L'interferenza dimostra che la luce ha una natura ondulatoria. Se però si riduce l'intensità della sorgente fino quasi a emettere un fotone alla volta, sullo schermo schermo si producono puntini, che di volta in volta hanno posizioni diverse, il che depone a favore dell'ipotesi della natura corpuscolare della luce.
Ora, in una versione modificata dell'esperimento della doppia fenditura, le previsioni della meccanica bohmiana indicano quale delle due fenditure sia stata attraversata dai fotoni, ma questa previsione è contraria ai risultati dei rivelatori. Questa discrepanza, evidenziata in recente esperimento e ampiamente discussa da studi teorici, ha portato i ricercatori a coniare il termine "traiettorie surreali" in contrapposizione alle "traiettorie reali", che l'interpretazione bohmiana voleva recuperare.
Un recente lavoro teorico ha avanzato l'ipotesi che il paradosso possa essere risolto tenendo conto dell'interazione tra le particelle denominata entanglement, prevista dalle leggi fondamentali della meccanica quantistica, alla base degli esperimenti sul teletrasporto quantistico effettuati con successo in molti laboratori negli ultimi decenni. Se due particelle sono preparate in modo da essere entangled, la misurazione su una particella fa immediatamente collassare lo stato dell'altra, posta a una distanza arbitraria dalla prima, come se ci fosse un'informazione in grado di propagarsi con velocità virtualmente infinita.
Steinberg e colleghi ora hanno verificato sperimentalmente la soluzione del paradosso con fotoni entangled che attraversano una doppia fenditura, dimostrando che le traiettorie surreali sono la diretta conseguenza dell'entanglement. Si recupera così l'accordo tra la descrizione quantistica del processo di propagazione dei fotoni e il realismo propugnato da Bohm.
Fonte: http://www.lescienze.it/news/2016/02/22/news/risolto_paradosso_traiettorie_surreali-2981200/